E Art Bonus sia

E Art Bonus sia

È stato appena approvato, il 28 luglio, dal Senato il decreto-legge n. 83 Art Bonus voluto dal ministro del MiBACT Dario Franceschini. Voti favorevoli 159, contrari 90.

Diversificato e acceso il dibattito, dai timori ai confronti alle lettere aperte e da ultimo un blocco ai nastri di partenza voluto dal Presidente del Consiglio Renzi in extremis il 25 luglio, si dice, per una questione di forma – «totale autonomia di fondo» del Ministro nella formulazione del testo – e una di contenuto – «intatti i poteri delle soprintendenze ai Beni architettonici», troppo libere di porre veti all’iniziativa di imprenditori e città.

Ma quali sono, di fatto, i cambiamenti rispetto al sistema che regola il settore statale del nostro patrimonio culturale e delle professioni? Per capire le differenze occorre avere chiara qual è la base, il Codice dei Beni Culturali e poi il passaggio preliminare all’Art bonus, il Decreto Valore Cultura, promosso in maniera innovativa dall’’ex ministro Bray durante il Governo Letta. Rispetto alla legge 112/2013, quella di Bray, si è lavorato in parte secondo una linea di continuità.

Vediamo nel dettaglio alcuni passaggi.

Nel ‘Grande Progetto Pompei si rafforza la normativa anticorruzione alzando le garanzie a corredo delle offerte delle imprese (dal 2% al 5% del prezzo base del bando). Rimane la segreteria tecnica di progettazione presso l’Unità Grande Pompei (massimo 20 unità) guidata da un responsabile che sappia tenere testa a possibili infiltrazioni delinquenziali e concludere i lavori entro il 31 dicembre 2015, pena il ritiro del finanziamento di 105 milioni di euro dall’’Europa, un fondo che Bray era riuscito a sbloccare tra le prime azioni del suo ministero. Prosegue la strada tracciata da Bray anche nel risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche con agevolazioni e semplificazioni per il collocamento del personale e il risparmio di spese. Per rilanciare cinema, attività musicali e spettacolo dal vivo la tax credit è aumentata da 110 a 115 milioni di euro. Per attrarre, poi, investitori esteri a produrre nel paese della Grande Bellezza il limite massimo del credito, utilizzando manodopera italiana, film o parti di film stranieri, il fondo è innalzato da 5 a 10 milioni di euro. Inoltre le piccole sale cinematografiche potranno avere una tax credit del 30% dei costi sostenuti per restauro e adeguamento strutturale e tecnologico. Suona tuttavia ironico notare come le sale siano considerate storiche se esistenti a partire dal 1° gennaio 1980. Per la selezione dei Giovani per la cultura è stato alzato il limite di età dai 29 ai 40 anni, per poterli assumere a tempo determinato negli istituti e luoghi della cultura pubblici destinandoli all’accoglienza, all’assistenza al pubblico e a mansioni di tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione e valorizzazione. Questo passaggio è dichiarato nell’Art Bonus come «prima concreta applicazione della legge sulle professioni culturali».

Uno passo in avanti certamente, la legge Madia, per l’esercito di laureati in archeologia, storia dell’arte, conservazione dei beni culturali, archivistica, e ancora per bibliotecari, antropologi specializzati in diagnostica, definiti «professionisti» (art.8), che potranno così inserirsi in appositi elenchi nazionali (e non più locali come previsto dal testo originario del decreto-legge) vedendo riconosciuto il loro profilo professionale in modo istituzionale, da cui però rimangono fuori i museologi.

La questione non è da poco perché proprio nel mare magnum dei musei statali – circa 420 – nuotano vecchi problemi (gli Standard museali del 2001 con i famosi requisiti minimi di qualità che un museo dovrebbe garantire, recepiti da non tutte le legislazioni regionali) e nuove questioni. In particolare il dibattito punta sulla separazione – contestata – tra i musei selezionati di I e II fascia dirigenziale e gli altri che fanno parte del loro sistema (è il caso degli Uffizi o Capodimonte la cui gestione si staccherà da quella degli istituti collaterali come per esempio il fiorentino San Marco o Villa Pignatelli nella città campana) e sulla nomina dei direttori degli stessi grandi musei ed è tra i topic più caldi tanto da chiedere l’intervento di Napolitano perché si teme che queste figure, non necessariamente italiane e «anche esterne alla PA», provengano da mondi paralleli eterogenei quali l’’aziendalismo e i famigerati supermercati. Naturalmente il timore che in tal modo si stacchino i musei dal loro territorio, interrompendo quel dialogo continuo che proprio in Italia rappresenta la sua unicità è comprensibile, anche se occorrerà vedere in concreto come saranno formulati questi bandi. Ricordiamo però a chi si trova da quella parte della barricata che si può contemporaneamente essere conoscitori delle cose d’arte e avere una visione gestionale di una struttura complessa come un museo, altrimenti i dottori in Organizzazione e gestione del patrimonio culturale che escono dall’’università (anche pubblica), quelli che si specializzano in Economia dei Beni Culturali, che maturano – dopo anni di studio e tirocini vagamente retribuiti – profili a metà tra l’umanista e l’aziendalista, che tipo di mansione potrebbero svolgere nel pubblico? Occorrerebbe allora una seria riflessione anche tra la formazione universitaria e la reale domanda nel settore dei beni culturali pubblici.

Sempre nei musei è stata introdotta una grande novità, che a noi invasori piace parecchio, ma che a qualcuno ha fatto storcere il naso: foto libere per uso personale e senza scopo di lucro. Portare a casa un ricordo digitale e condividerlo all’istante sui social network, #selfie o meno che sia, non «è esperienza di consumo, di una rinuncia alla riflessione» ma è un esempio di partecipazione creativa dell’utente e assimilazione di un contenuto culturale offerto dal museo. Proprio questa istituzione deve essere in ascolto per cogliere i cambiamenti dei gusti e delle abitudini della società (Icom docet), una società che è pubblico reale e virtuale e che tornerà con più interesse in quel posto se ne uscirà soddisfatto, se si sarà sentito parte di un dialogo dove il museo, parlando la sua stessa lingua, gli avrà insegnato “i perché e i per come” delle sue collezioni.

Rimangono tuttavia alcuni punti che necessiterebbero di essere rivisti perché, come spiega bene Luca Corsato il monopolio conoscitivo, e il famigerato scopo di lucro applicato alle riproduzioni, siano il miglior modo per deviare lo sfruttamento dai Beni Culturali al loro studio e a tutto quel materiale prodotto da studiosi di varie professionalità che, in una sua rappresentazione digitale, non è consumabile” [Nota di Marianna Marcucci]

Nel restyling del MiBACT – dal testo finora disponibile – le Direzioni Generali non saranno più 9 ma 12 con la separazione di Bilancio e Organizzazione. Belle Arti e Paesaggio si staccano da Arte e architettura contemporanee (a cui si aggiungono le periferie urbane). Antichità diventa Archeologia, nascono Educazione e Ricerca e quella dei Musei, che dovrebbe assumere i compiti della Direzione per la Valorizzazione con buona pace di tutte le battaglie ideologiche e normative affinché si riconoscesse il senso del termine valorizzazione. A livello periferico, invece, una novità riguarda le Soprintendenze che non avranno più l’ultima parola sui pareri espressi perché potranno essere riesaminati d’ufficio su istanza di un’altra amministrazione. Le risorse economiche, che nel Valore Cultura dovevano essere distribuite in relazione alle attività svolte e rendicontate, saranno invece distribuite secondo il Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali annuale che destinerà i fondi in base alla rilevanza nazionale. I piccoli musei e luoghi della cultura meno noti faticheranno non poco per rimanere a galla. Nell’occhio del ciclone anche la Reggia di Caserta dove un Commissario straordinario deciderà (entro il 31 dicembre 2014) l’assegnazione degli spazi dell’intero complesso (Reggia, Parco, Giardino “all’inglese”, Oasi di San Silvestro e Acquedotto Carolino) tra i diversi soggetti ad oggi presenti. Sulle qualità tecnico-scientifiche del commissario tutto tace, nel frattempo ci auguriamo che la scelta cada su una personalità consapevole delle problematiche sociali del territorio che si intreccia con la Reggia, conoscitrice della storia e dell’evoluzione degli spazi.

Un incentivo agli investimenti dei privati nel settore è dato da Artbonus in persona: credito d’imposta del 65% per tutelare, sostenere i luoghi della cultura, il tutto reso disponibile sul sito del Mibact. Si avrà anche uno spazio riservato al crowdfunding e fundraising per incentivare le donazioni.

Importanti novità interessano anche l’altra metà del Ministero, il Turismo, settore che richiederebbere maggior dialogo tra i diversi attori siano essi pubblici – enti locali – siano i conservatori dei luoghi della cultura. Sarà predisposto un piano straordinario di mobilità, di intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per favorire la fruibilità del patrimonio culturale, soprattutto delle destinazioni minori e del Sud Italia. Si afferma la valenza del circuito turistico sia per le eccellenze che rientreranno in itinerari nazionali sia per i beni demaniali (come case cantoniere, caselli, stazioni ferroviarie e marittime, fortificazioni e fari) da concedere in uso gratuito a imprese, cooperative e associazioni under 35 per creare itinerari moto-ciclo.

Attenzione è data al digitale perché è prevista una tax credit sul 30% dei costi sostenuti, dal 2015 al 2019, per gli esercizi ricettivi che porteranno online la loro attività e il nostro patrimonio favorendo l’incoming. Ai turisti che verranno si vorrebbe destinare una migliore offerta ricettiva grazie a un’altra tax credit per la ristrutturazione degli alberghi, l’eliminazione della barriere architettoniche e la creazione di distretti turistici con semplificazioni burocratiche e facilitazioni per nuove imprese e start up.

Il futuro del settore dei beni culturali statali deve ancora scriversi, si auspica che ai clamori dei disastri si sostituiscano gli esempi di azioni sistematiche che pure esistono ma quasi mai raggiungono i media, che il MiBACT pur nella ristretezza economica di riduzione della spesa pubblica riesca ad avere una visione di insieme maggiore, finalizzata a gettare ora le basi per impiegare le nuove professionalità specializzate che vengono troppo spesso reclutate su base volontaria. Infine che il processo virtuoso rivolto alla comunicazione social del patrimonio artistico avviato dalla Direzione Valorizzazione non venga interrotto proprio adesso che è appena iniziato. Le motivazioni dell’art. 9 della Costituzione non vengano alterate insieme al paesaggio e allo scollamento delle Soprintendenze che sono i veri presidi sul territorio, ma vengano rafforzate. Vorremmo scrivere insieme il futuro del settore dei beni culturali statali, Stato-cittadini, ascoltando anche la comunità di chi partecipa alle iniziative digitali, visita mostre e musei, lavora nel turismo, fa ricerca con un denominatore comune: passione.

Irene Tedesco